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Michele Masneri, STEVE JOBS NON ABITA PIU’ QUI, Edizioni Adelphi, 2020

Steve Jobs non abita più qui, pubblicato da Adelphi nel 2020, racchiude molti dei reportage che il giornalista Michele Masneri ha scritto, nel corso della sua carriera per «Il Foglio», durante i suoi viaggi nella Silicon Valley di San Francisco, California.

Masneri, in questo suo “Erasmo tardivo” fa emergere un micromondo in cui efficienza e dinamicità sono il mantra di anime svariate e a volte agli antipodi: geni del web, maghi dell’hi-tech, adventure capitalist, vecchi fricchettoni, clochard, liberal impenitenti, libertari che sognano isole artificiali e autosussistenti, paladini dei diritti civili.

Masneri utilizza un linguaggio semplice, ironico, spesso con tratti di comicità. Ogni capitolo pare una fotografia del luogo, dell’ambiente e delle persone che incontra, tratteggia ciò che vede con un ritmo veloce ed incalzante. Da esperto giornalista lascia che sia il lettore a farsi una idea mantenendo la sua voce narrante neutrale, senza giudizio: tratteggia quindi non solo le esistenze disperate, frenetiche ed entusiaste di coloro che si gettano a capofitto nella ricerca di un successo duraturo e appagante, ma anche le condizioni di vita, le aspirazioni e i desideri dei suoi interlocutori, dal multimilionario allo studentello arrivato da poco in città, soffermandosi spesso sull’evidente sfasatura che si viene a creare tra ciò che essi fanno, progettano e rappresentano e le condizioni reali della loro esistenza quotidiana, sia pubblica che privata, soprattutto nel caso di quelli che stazionano stabilmente nel limbo della scala gerarchica, né troppo in alto né troppo in basso.

I capitoli dedicati alla San Francisco come capitale dell’omosessualità occupano l’intero blocco centrale del libro: San Francisco è descritto come una specie di parco giochi e sperimentazioni dove gli uomini paiono in generale allegri, aperti, sensibilissimi a ogni stranezza, in una singolare mutazione del nerdismo californiano.

Gli argomenti toccati dal libro sono tanti: il movimento #MeToo, la cucina (con la storia di Alice Waters e il suo Chez Panisse), le università più prestigiose e un giro nei loro campus e dintorni, droga e bitcoin.

Troviamo la descrizione del funerale acquatico di Jack O’Neill, fondatore dell’omonimo impero di mute: tremila persone in acqua stese sulla propria tavola e remare con le mani fino a formare un cerchio al centro del quale vengono sparse le ceneri dell’imprenditore-surfista.

Scopriamo anche come è nato il mito che il fumo fa dimagrire. Nella guerra tra zucchero e tabacco scoppiata negli anni Venti, leggiamo che Bernays, nipote di Freud, assunto da American Tobacco per promuovere il fumo tra le donne si inventò una campagna pubblicitaria per i ristoranti di lusso dove fece sostituire il carrello dei dolci con il carrello di pacchetti di Lucky strike e fece affiggere in città delle grandi foto di donne grasse con il doppio mento che si rimpinzavano di dolci e altri con modelle magrissime che fumavano.

Bella lettura che ci trasporta in questo mondo che pare a “noi comuni mortali” quasi immaginifico e irreale e ci fa pensare che avesse ragione Frank Lloyd Wright quando sosteneva che tutto quanto sul pianeta non abbia un ancoraggio sufficientemente solido prima o poi comincerà a scivolare verso la California. (E. Salda)