Filiera corta e chilometro zero

Finalmente la filiera corta e il chilometro zero diventano concetti ben definiti, rispetto ai quali i consumatori potranno contare su una maggiore trasparenza . Dopo tanti anni senza una specifica regolamentazione, è stata approvata una nuova legge che stabilisce i criteri con cui un prodotto può essere definito a “chilometro zero” o a “filiera corta”, istituisce i loghi, definisce alcuni strumenti di valorizzazione e promozione e fissa le sanzioni per gli utilizzi illeciti. La norma, Legge numero 61, è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale l’11 giugno 2022 ed è entrata in vigore il 26 dello stesso mese, anche se i relativi loghi e i criteri di attribuzione e verifica dovranno essere indicati da un decreto ministeriale entro fine settembre.

La norma punta a favore il consumo di alimenti a ‘chilometro zero’, ossia prodotti nel raggio massimo di 70 km, e a ‘filiera corta’, cioè caratterizzati per un solo intermediario massimo lungo la filiera. Diversi gli strumenti messi in campo: dalle aree dedicate in mercati e supermercati, alle regole per la ristorazione collettiva sino alla creazione di due loghi distintivi, per il cui utilizzo illecito sono state previste sanzioni fino a quasi 10mila euro.

Il comma 1, introdotto dal Senato, stabilisce che i comuni riservano almeno il 30 per cento del totale dell’area destinata al mercato (e, per la pesca, delle aree prospicienti i punti di sbarco) agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero o a filiera corta. Al comma 2, si prevede che, in caso di apertura di mercati agricoli di vendita diretta, i comuni possano riservare agli imprenditori agricoli che vendono prodotti a chilometro zero o a filiera corta appositi spazi all’interno delle aree del mercato. Inoltre si riconosce agli stessi imprenditori agricoli la possibilità di realizzare tipologie di mercati riservati alla vendita diretta dei prodotti agricoli di cui si discute. Il comma 3 specifica che le regioni e gli enti locali, previa intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione, possono favorire la destinazione di particolari aree all’interno dei supermercati destinate alla vendita di tali prodotti.

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